Lo spaccato del prodotto agroalimentare straniero fatto passare come italiano non ha risparmiato il miele. Il quadro descritto dall’articolo di Repubblica lascia allibiti.
MILANO – Siamo abituati a vedere ormai una quantità enorme di prodotti etichettati come “Made in China”. Se si tratta di elettronica, componentistica, abbigliamento è una dicitura che ci suona ormai come familiare. Ma è un po’ più difficile ammettere che un barattolo di miele su due in vendita in Italia è stato in realtà prodotto all’estero, per effetto del record nelle importazioni che hanno raggiunto la quantità di 23,5 milioni di chili nel 2015, con un aumento dell’11 per cento rispetto all’anno precedente. E in questo panorama, emerge una vera invasione con gli arrivi che nel 2015 hanno raggiunto il massimo di sempre e provengono principalmente dall’Ungheria con 7,4 milioni di chili, seguita dalla Cina con 4,8 milioni di chili, quasi il doppio rispetto allo scorso anno, e poi dalla Spagna che con 2,3 milioni di chili sorpassa la Romania, comunque in crescita con 1,9 milioni di chili.
Nonostante la ripresa della produzione Made in Italy c’è il rischio di portare in tavola prodotti spacciati per Made in Italy, ma provenienti dall’estero, spesso di bassa qualità e per questo occorre verificare con attenzione l’origine in etichetta oppure di rivolgersi direttamente ai produttori nelle aziende agricole, negli agriturismi o nei mercati locali. Il miele prodotto sul territorio nazionale dove non sono ammesse coltivazioni Ogm (a differenza di quanto avviene ad esempio in Cina e in Romania) è riconoscibile attraverso l’etichettatura di origine obbligatoria. La parola Italia deve essere obbligatoriamente presente sulle confezioni di miele raccolto interamente sul territorio nazionale mentre nel caso in cui il miele provenga da più Paesi dell’Unione Europea, l’etichetta deve riportare l’indicazione “miscela di mieli originari della CE”; se invece proviene da Paesi extracomunitari deve esserci la scritta “miscela di mieli non originari della CE”, mentre se si tratta di un mix va scritto “miscela di mieli originari e non originari della CE”.
Il problema è però che le stesse regole non valgono se il miele viene usato come ingrediente, come accade nei biscotti e negli altri dolci come, ad esempio, il torrone, dove la presenza di prodotto straniero non viene dichiarata in etichetta.
Un danno che va sanato poiché colpisce un settore, quello nazionale, che conta circa 50mila apicoltori, con 1,39 milioni di alveari e un giro d’affari stimato di 70 milioni di euro. Per non parlare del servizio di impollinazione reso all’agricoltura, valutato da 3 a 3,5 miliardi di euro. La produzione media per alveare, nelle aziende apistiche professionali (sono circa 2000 quelle che gestiscono più di 150 alveari) è di circa 33.5 kg/alveare mentre la media nazionale generale si aggira intorno ai 17,5 kg/alveare.
Preferite la qualità italiana o quella straniera? A voi la scelta !
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra