Il settore alimentare, come ogni ambito della vita umana, subisce cambiamenti incessanti.
Le continue tecnologie moderne incidono sulle modalità di produzione, trasformazione, lavorazione e conservazione dei prodotti alimentari.
L’impiego sempre più frequente di fitofarmaci e additivi alimentari rappresentano una delle tematiche più delicate che investono la società attuale.
Tra un pasto consumato dai nostri nonni nella metà del secolo scorso ed un qualsiasi nostro attuale spuntino corrono non solo 60 anni di tempo, ma anche un marcato distacco qualitativo che gioca a netto svantaggio della genuinità e salubrità del nostro cibo.
Tra una mela con un buchino, testimonianza inconfondibile di presenze di ospiti non graditi all’interno del frutto, ed una mela rossa lucente perfetta al tatto ed alla vista, la scelta cade immancabilmente su quest’ultima. Lo stesso può dirsi per una fetta di carne: in questo caso la preferenza tende a dirigersi velocemente sul prodotto privo di grassi, tendini e nervi, e rosso sanguigno.
E che dire della tendenza nostalgica del voler servire castagne nel mese di aprile o angurie a natale?
Il mercato, adeguandosi alle nostre esigenze dopo averle dettate, è riuscito, con il passare del tempo, a fare vere e proprie magie, per cui non esistono più né stagioni né tempi di scadenza.
Ed il consumatore spesso inconsapevolmente si ritrova ad affrontare una spesa doppia in termini di economia e salute.
La chimica col passare del tempo è diventata più presente nella filiera agroalimentare, tanto che oggi è difficile stabilire con certezza cosa mangiamo.
Ai prodotti alimentari vengono aggiunti additivi di ogni genere: si tratta di sostanze chimiche che svolgono diverse funzioni come addensare, conservare, dolcificare, emulsionare.
Queste sostanze sono attualmente identificate da un numero preceduto da una lettera “E” o da una denominazione ufficiale e vengono segnalate nell’elenco degli ingredienti di ogni prodotto con l’indicazione del loro uso.
Esiste una normativa in merito: la legge permette un impiego di questi additivi in misura moderata e limitata in modo cioè che non provochi effetti dannosi sulla salute umana, tuttavia non si conoscono con esattezza i limiti massimi di utilizzo di queste sostanze.
Il consumatore nel fare la spesa, mano al carrello e occhio bene attento al borsellino in questi tempi di crisi, si lascia tentare dalle offerte promozionali del tipo “compri tre e prendi due” ma anche lusingare dalle confezioni variopinte della merce esposta ed in particolar modo dai prodotti del banco dei freschi, come frutta e verdura, talmente perfetti, integri e spesso tirati a lucido come dalla fettina bella magra e rossa da sembrare addirittura finti.
E che dire poi dei prodotti alimentari sempre disponibili, cioè “fuori stagione” come i peperoni, i pomodori e le fragole sulle nostre tavole tutto l’anno?
Al di là dell’aspetto invitante ma certamente meno gustoso e genuino degli alimenti rispetto a quelli di un tempo, per il consumatore è molto difficile conoscere gli additivi chimici utilizzati perché accanto a quelli dichiarati nelle etichette applicate sui prodotti alimentari come acidificanti, coloranti, edulcoranti, stabilizzati, vi sono ad esempio i residui di anticrittogamici e pesticidi dell’agricoltura, o di materiale da imballaggio come plastica, colle, pvc; e poi vi sono quelli usati illegalmente come ormoni e anabolizzanti. Si registrano con una certa frequenza casi di sostanze chimiche che finiscono nei cibi per frodi commerciali e sanitarie, nonostante i controlli e la vigilanza dei nas.
A questi si aggiunge l’esposizione del mondo vegetale ed animale, a sostanze chimiche inquinanti che attraversano l’aria, il terreno e l’acqua entrano nel ciclo produttivo: parliamo di gas di scarico dei mezzi di trasporto, degli impianti di riscaldamento delle abitazioni, delle ciminiere delle industrie, delle piogge acide e degli sversamenti accidentali di sostanze inquinanti le falde acquifere.
C’è chi più attento alla salvaguardia della propria salute predilige i prodotti provenienti da coltivazioni ed allevamenti biologici, privi di residui di fitofarmaci o di concimi chimici evitano impatti negativi sull’ambiente poiché il terreno viene trattato con fertilizzanti organici facendo attenzione alle rotazioni e alla stagionalità delle colture.
Naturalmente comporta una spesa maggiore ma è ottimale il rivolgersi direttamente al produttore come nel caso della spesa cosiddetta “a chilometro zero” con costi più contenuti ma maggiore è il guadagno in termini di tutela della salute e dell’ambiente.
In tema di sicurezza alimentare un discorso a parte va dedicato agli OGM termine usato dai media per descrivere una modifica del patrimonio genetico di un organismo vegetale e cioè piante in cui vengono trasferite geni per trasformare le cellule e i tessuti.
Esistono leggi a riguardo; in Italia i prodotti alimentari contenenti Ogm, soglia consentita 0, 9%, devono essere contrassegnati dalla scritta ” contiene organismi geneticamente modificati”.
La commissione Europea ha stabilito che tutti gli additivi alimentari devono essere sottoposti alla preventiva valutazione di sicurezza dell’EFSA, un organismo che svolge un ruolo importante nell’ambito del sistema normativo di legge, garantendo di fatto una informazione puntuale ed aggiornata sulla prevenzione di possibili rischi e sulla protezione della salute dei consumatori nell’Unione Europea.
Antonella Morsello
Insieme per la Terra Sicilia