Mentre i nostri TG nostrani si contendono il primato della notizia economica con cui si annuncia una vivace ripresa del PIL, pari allo zero e virgola, la produzione dei trattori usati nelle nostre campagne continua inesorabilmente a cadere. Ma si sa il vizio del nostro politico del momento è quello prima di annunciare la ripresa, salvo poi, resosi conto che la realtà numerica è ben diversa, rettificare attribuendo colpe fantasiose a destra o a sinistra, mai su se stessi.
L’articolo piccante e provocatorio del Dr. Bartolini da uno spaccato particolare dell’attuale situazione:
I dati ufficiali indicano che nel lontano 2006 sono stati 30 mila i trattori immatricolati nel nostro paese, mentre a distanza i dieci anni il 2016 si dovrebbe chiudere con un dato al di sotto delle 18 mila unità. Dunque un calo vistoso delle vendite, pari al -38%. Le cause? La diminuzione dei redditi degli agricoltori, la chiusura di molte aziende, la crisi dei prezzi di cereali e del latte, ma forse c’entra anche un “fattore” che quasi mai viene tenuto in considerazione, e cioè la consapevolezza crescente, da parte degli imprenditori agricoli, che per troppi decenni si sono buttati al vento montagne di lire prima, e di euro poi, per acquistare in maniera compulsiva trattori la cui vita tecnologica sarebbe stata molto più lunga se non fosse stata interrotta dalla bramosia di sfoggiare orgogliosi agli occhi dei colleghi invidiosi “l’ultimo modello”.
La gara tra vicini di campo tra chi ha il trattore con più cavalli, più tecnologia e colori più brillanti, ha finito per distrarre montagne di risparmi da investimenti ben più utili e mirati, quali sarebbero stati quelli in attrezzature come spandiconcime e barre irroratrici, tanto per fare due esempi. Tant’è che oggi l’Italia vanta il triste primato di avere proprio nelle due categorie di attrezzature sopra indicate appena il 16% di macchine con meno di dieci anni. Quindi la maggior parte delle macchine che gestiscono in campo la “chimica” sono obsolete e mal funzionanti. Questo significa, per esempio, oltre agli sprechi di prodotto e alle imprecisioni nel raggiungimento del bersaglio, anche non poter applicare i nuovi sistemi dell’agricoltura di precisione, dal momento che si tratta di attrezzature non Isobus compatibili.
Stando così le cose, c’è dunque da augurarsi che “le vacche magre” nel comparto delle vendite dei trattori duri ancora a lungo e che sia davvero un segno di maturità del nostro imprenditore agricolo, che finalmente si è reso conto che ciò che veramente può incidere positivamente sui conti aziendali, a livello di costi di produzione e di produttività delle colture, oltre che di impatto ambientale, sono le attrezzature e non il trattore.
Il problema di fondo non è l’errata capacità che alcuni imprenditori agricoli hanno probabilmente avuto, ma bensì la profonda crisi economica che ha travolto i nostri agricoltori, tanto da modificare il modus operanti quotidiano. Se il tanto declamato ritorno dei giovani in campagna fosse così reale allora perchè la vendita dei trattori, strumento essenziale per lavorare la terra, non si è ripresa? Forse sarebbe il caso di riflettere a quanto la falsa propaganda agricola può arrivare!
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra