L’Oscar della bugia sicuramente dovrebbe essere vinto dal Presidente Renzi e dal Ministro Martina. Non passa giorno nel vedere novità politico – economiche proiettate su slide a Palazzo Chigi per poi scoprire, dopo solo qualche ora, una situazione completamente opposta a quella annunciata.
Il settore primario, come tutti gli altri settori, si è completamente stancato degli attuali governanti, definibili non solo bugiardi, ma assolutamente incapaci nella loro attività, tra l’altro particolarmente remunerata.
ROMA – Equitalia cambia nome. Ma non casa. Troppo difficile inglobarla nell’Agenzia delle entrate, per vincoli costituzionali, contrattuali e forse di buon senso. Così, l’ultima soluzione, accarezzata dal governo, è quella di trasformare Equitalia in una partecipata pubblica, magari al 100% proprio dall’Agenzia (ora è al 51%, l’altro 49% dell’Inps). Una società per azioni, come ora. Nel perimetro fiscale, come ora. Libera di mantenere i più vantaggiosi contratti bancari, come ora, ai suoi 7.917 dipendenti. Ma con un nome nuovo o piuttosto una sigla burocratica, tipo Drae, facile da scordare: dipartimento riscossione dell’Agenzia delle entrate. Un dolce oblio.
La possibile soluzione al nodo della cancellazione di Equitalia arriva dopo ore di intenso lavoro sulla stesura dell’annunciato decreto legge fiscale che dovrebbe contenerla, assieme alla rottamazione delle cartelle e alla voluntary disclosure bis, il presunto condono fiscale sui contanti e le cassette di sicurezza. Una soluzione considerata meno discutibile di altre, che al contrario rischiano lo stop del Quirinale, si ripete tra i tecnici impegnati nel dossier. Al punto che Palazzo Chigi pensa addirittura di togliere le norme Equitalia dal decreto immediatamente esecutivo e di infilarle nella manovra, il disegno di legge di bilancio, atteso ieri in Parlamento, ma slittato forse a lunedì. Proprio per rimettere la partita nelle mani del confronto politico.
D’altro canto, le alternative non sono molte. Equitalia scompare, ma la riscossione non può eclissarsi. E la fusione con l’Agenzia delle entrate non è affatto un gioco da ragazzi. Il nodo è il personale: 7.917 dipendenti di Equitalia (di cui 94 dirigenti, l’1,18% del totale) entrati senza concorso e contrattualizzati come bancari a fronte di 39.612 colleghi dell’Agenzia (di cui 367 dirigenti, lo 0,92% del totale), quasi tutti vincitori di una selezione pubblica e con stipendi molto più bassi. Un funzionario (laureato) dell’Agenzia guadagna al massimo 30-34 mila euro lordi all’anno (1.800 euro netti al mese). Il corrispondente di Equitalia il doppio. Senza parlare dei vertici. Rossella Orlandi, il direttore dell’Agenzia, incassa 207.680 euro lordi, il livello più alto dei 24 massimi dirigenti. In Equitalia ad esempio, come si ricava dal sito, il responsabile dell’area legale e quello del personale viaggiano attorno ai 223 mila euro lordi (nel 2015). E l’ex amministratore delegato Benedetto Mineo, oggi responsabile fiscalità locale, ne prende 240 mila. Ben più della Orlandi. Anche se il nuovo amministratore di Equitalia Ernesto Maria Ruffini ha appena varato una riforma degli stipendi che porterà a 2 milioni di risparmi annui.
Una fusione a freddo è dunque materia che brucia. Ne è riprova la sorte toccata a due bozze del decreto, una con la trasformazione dei dipendenti di Equitalia in statali, l’altra con l’ipotesi contraria, cioè la conversione dei contratti pubblici dell’Agenzia in privati: cestinate entrambe. Nel primo caso, perché scatta un surrettizio allargamento del pubblico impiego e l’illegittimità ai sensi dell’articolo 97 della Costituzione, quello che prevede l’ingresso nella pubblica amministrazione solo per concorso, proprio per salvaguardarne l’indipendenza. Nel secondo caso, perché un’Agenzia delle entrate privata sarebbe un unicum nei paesi occidentali: il fisco privatizzato, con rischi per l’imparzialità e la gestione di funzioni sensibili, come le tasse dei cittadini. Oltre al fatto che gli stipendi di quasi 40 mila dipendenti si alzerebbero di botto, con impatto sulla spesa pubblica.
Il dossier Equitalia si rivela dunque meno scontato di quanto auspicato dall’annuncio via slide del premier Renzi, sabato 15 ottobre al termine del Consiglio dei ministri che ha varato la manovra. Manovra ancora senza testo. Così come il decreto fiscale. Colle e Parlamento attendono.
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra