Rileggendo più e più volte lo stupendo articolo di Agricolae, ancora non capisco quale sia la difficoltà nel comprendere l’esatto significato di questo:
Le diciture utilizzate saranno le seguenti:
a) “PAESE DI MUNGITURA: nome del Paese nel quale è stato munto il latte”;
b) “PAESE DI CONDIZIONAMENTO O TRASFORMAZIONE: nome del Paese in cui il prodotto è stato condizionato o trasformato il latte”.
Qualora il latte o il latte utilizzato come ingrediente nei prodotti lattiero-caseari sia stato munto, confezionato e trasformato nello stesso Paese, si può utilizzare una sola dicitura, ad esempio: “ORIGINE DEL LATTE: ITALIA”.
Se le fasi di confezionamento e trasformazione avvengono nel territorio di più Paesi, diversi dall’Italia, possono essere utilizzate, a seconda della provenienza, le seguenti diciture:
– latte di Paesi UE: se la mungitura avviene in uno o più Paesi europei;
– latte condizionato o trasformato in Paesi UE: se queste fasi avvengono in uno o più Paesi europei.
Se le operazioni avvengono al di fuori dell’Unione europea, verrà usata la dicitura “Paesi non UE”.
Quindi, solo se è stato munto e trasformato in Italia avrà come identificazione “ORIGINE DEL LATTE: ITALIA” e sarà l’unico Paese che verrà indicato nell’etichetta!
E’ evidente che non è chiaro, perchè altrimenti tutti i commenti avrebbero un altro significato, prendiamo un esempio:
Unione Generale Coltivatori:
Da domani non ci possono essere più dubbi – prosegue Minelli – latte, formaggi, mozzarella, burro, yogurt e quant’altro trae origine da prodotto vaccino, ovicaprino, bufalino o comunque di origine animale deve inequivocabilmente riportare in etichetta il Paese in cui la materia prima, nella fattispecie il latte, è stato munto e trasformato. Nel caso di processo interamente nazionale la dicitura dovrà essere ‘Origine del latte: Italia’.
Leggete la parte da noi evidenziata in grassetto, NON E’ VERO!
Se sarà italiano ci sarà scritto “Origine del latte: Italia”, in tutti gli altri casi non c’è scritto il Paese ma un’indicazione geografica di massima che ha DEL RIDICOLO! Che significa “Paesi UE” oppure ancora meglio “Paesi non UE” ?? Potevano scrivere “Ovunque” o “fate voi” che era lo stesso!
Molto bello il commento di Varrascina di COPAGRI che, come noi è contento della Legge, ma punta il dito sul VERO problema del Lattiero-Caseario: i guadagni inesistenti degli allevatori.
Commento di COPAGRI:
“Come evidenziato dall’Ismea la tutela dell’origine che finora riguardava solo i formaggi Dop e Igp, si estenderà adesso anche a circa 500mila tonnellate di formaggi non certificati prodotti e commercializzati in Italia, riguardando oltre un milione di tonnellate di formaggi. Accogliamo, quindi, positivamente il provvedimento” prosegue Verrascina “ma restiamo convinti che il problema principale per il comparto rimanga quello della giusta remunerazione degli allevatori che, da anni soffrono una crisi di reddito incolmabile. Inoltre gli allevatori hanno bisogno di una filiera che dia maggiori certezze e garanzie per poter pianificare la strategia aziendale nel corso dell’anno senza continue sorprese.”
E’ evidente che COPAGRI ha centrato perfettamente la questione, che questa etichettatura non cambierà, perchè il mercato del latte è sostanzialmente su un altro livello rispetto a quanto si vede sul bancone del supermercato ed i guadagni sono ben lontani da quelli della filiera dalla stalla in poi, tant’è che sono ben di più le stalle e le aziende agricole che chiudono per fallimento rispetto al resto della filiera, GDO compresa.
Tornando al discorso principale, questa legge sull’etichettatura ha una buona base, non è un lavoro malfatto, ma purtroppo manca di “forza” e “coraggio”. Avrebbe dovuto spingere GDO e industria a rendere noto il percorso produttivo dei loro prodotti, far vedere quante migliaia di KM hanno percorso i vari ingredienti (magari anche solo l’ingrediente principale) prima di diventare quella “mozzarella” con la confezione patinata strabella, invece è evidente che gli intenti sono stati piegati alla logica del “chi comanda” o del “chi paga le campagne elettorali” che alla fine ha prevalso sulle buone intenzioni.
Non pensate che la VERA trasparenza sarebbe potuta essere leggendo “Paesi UE: Germania”, “Paesi UE: Francia”, “Paesi non UE: Cina”, “Paesi non UE: Nuova Zelanda”, etc?
Leggo i commenti dei vari schieramenti politici, PD in primis, che esaltano la trasparenza. Ma quale? Abbiamo fatto una bella legge ma l’abbiamo lasciata a metà, sarebbe stata veramente un ottimo traino per quelle a venire, quella sul riso, sul grano e chissà quante ancora, ma abbiamo dovuto “mozzarla” proprio sulla parte più interessante per non scontentare l’industria, che guardacaso non ha emesso nessuna nota o giudizio sulla questione, che caso!
Poi, ci sono dei prodotti dove la provenienza estera o addirittura extracontinentale è il suo Plus, non vogliamo entrare nel merito di questo, ma se stiamo cercando trasparenza con il consumatore e di valorizzare i nostri prodotti, beh forse abbiamo mancato il bersaglio e manco di poco!
I titoli sull’etichettatura si sprecano, ma vorrei tanto vedere quali sono le reazioni di un consumatore quando leggerà l’etichetta “Paesi Non UE”, io direi “Non vuol dire niente questa scritta, di certo non comprerò mai questo prodotto”. Stiamo creando una sacca di mercato “low cost” e “low quality”, per usare degli inglesismi, che in pochi vorranno e quelli che li acquisteranno avranno la certezza che non sapranno mai cosa veramente stanno comprando… ha senso? Chi sarà davvero quello che si “suiciderà” per primo?
Parafrasando Manzoni: “Ai posteri l’ardua sentenza”
Mauro Cappuccio
Segretario Generale
Insieme per la Terra