Incontriamo l’Assessore all’Agricoltura Regione Lombardia Gianni Fava per capire il suo punto di vista su due tematiche per noi di grande interesse: educazione alimentare e nazionalizzazione di Parmalat.
Perché è importante l’educazione alimentare per l’assessorato regionale lombardo?
“L’agroalimentare è una delle voci più importanti dell’economia lombarda, pari a oltre 13 miliardi di euro in termini agricoli, che significa un indotto vicino ai 40 miliardi per il comparto primario.
La Lombardia può contare sulle più importanti Dop per valore esportato nel mondo e su una grande tradizione sulla preparazione del cibo, figlio di una cultura che ha saputo coniugare, in ogni epoca, i propri giacimenti territoriali.
L’educazione alimentare è un modo di trasmettere i valori della tradizione agricola ed enogastronomica lombarda e, allo stesso tempo, di indicare ai più giovani modelli di alimentazione improntati all’equilibrio. È grazie alla varietà alimentare, alla stagionalità dei prodotti, al saper valorizzare tutti i prodotti che, insieme all’attività fisica, aiutano a mantenersi in salute. In questo modo Regione Lombardia manda un messaggio che non è soltanto agricolo, ma che riguarda il futuro stesso dei propri cittadini, anche sul tema della sanità”.
La nazionalizzazione di Parmalat perché la riterrebbe strategica?
“Con un governo di dilettanti allo sbaraglio che ci ritroviamo, sarei dell’idea che meno lo stato ha poteri sulle imprese, meglio è. Basta già una delle tassazioni più aspre al mondo, senza in cambio nulla dare ai cittadini, a descrivere la pochezza di Renzi e della sua compagnia di giro.
Lanciai l’idea della nazionalizzazione di Parmalat in un momento di grande tensione fra allevatori e industria di trasformazione, in occasione del rinnovo del contratto di conferimento del latte.
Nazionalizzazione o no, sono veramente molti i problemi del comparto lattiero caseario e, in modo particolare, dei produttori. L’accordo che il Mipaaf si è prodigato a far saltare lo scorso luglio a 37 centesimi in Lombardia è stato ripreso, ma in chiave peggiorativa, nell’intesa romana. Non mi pare che il ministero della Burocrazia agricola brilli per lungimiranza, ma se lo dico io si scatenano le badanti PD del Ministro Martina, gigantesca delusione lombarda, forse più del ministro precedente, che almeno aveva la scusa di non aver mai visto l’agricoltura vera.
Al di là dei toni trionfalistici del governo, la verità purtroppo emerge dalle parole degli allevatori, insoddisfatti dell’accordo a 37 centesimi e preoccupati per il futuro.
Semmai, il caso Parmalat è lo specchio di una situazione che vede alcuni grandi marchi del Made in Italy in mano straniera. Non soltanto Parmalat, Invernizzi o Galbani, ma anche in altri comparti strategici dell’olio di oliva o del prosciutto di Parma. La riflessione si sposta dunque a quale futuro vogliamo dare all’agroalimentare Made in Italy, se da protagonista nel mondo o subalterno alle strategie di aziende estere, che conoscono bene il valore del nostro Made in e lo sfruttano a loro vantaggio”.
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra