Si sa tradire la fiducia ed il mandato dei propri associati va fatto a caro prezzo. In questo caso sono bastati, si fa per dire, solo 80 milioni. Soldi di noi contribuenti ovviamente, non certo quelli del monopoli!
Mentre le imprese italiane aspettano da anni il pagamento dei beni e servizi erogati alla pubblica amministrazione, la Coldiretti, grazie ad una intensa operazione di lecchinaggio politico, incassa in pochi giorni milioni di euro. Due italie, quella del lavoro e quella della vergogna mista all’indecenza.
Il Fatto Quotidiano svela i retroscena, taciuti ovviamente dai diretti interessati, relativamente alla ricompensa data all’adesione referendaria del principale sindacato italiano.
I consorzi agrari speculano e perdono, dopo aver investito come fossero trader di Borsa, nelle banche che ballano sull’orlo del “bail in” e il governo, ringraziando, ripiana. Da quando la Coldiretti si è schierata al fianco di Matteo Renzi, in occasione del referendum costituzionale, i governi a trazione renziana non smettono di ringraziare profumatamente la storica organizzazione degli agricoltori cattolici per i servigi forniti, facendo però saldare il conto, come di consueto, alle casse dello Stato. Era il 29 settembre 2016 quando il segretario generale Vincenzo Gesmundo, già assurto all’onore delle cronache per il suo stipendio milionario, annunciava l’endorsement dei coltivatori, con un convinto “Sì” pronunciato davanti al premier e alla platea della Coldiretti, riunita al Mandela Forum di Firenze per un raduno interregionale.
In quell’occasione il ringraziamento fu immediato, anche se generalizzato a tutta la platea dei coltivatori italiani: Renzi si alzò e annunciò il taglio di oltre 1,3 miliardi euro di tasse per il settore in 2 anni, cancellando Irap e Imu sui terreni e pure lo sconto dell’Irpef . “Nella prossima legge di Bilancio abbatteremo ai fini Irpef le rendite catastali dei terreni agricoli” promise per sovramercato il ministro delle Politiche agricole Maurizio Martina. Questa volta il pacco-dono consegnato ieri a Montecitorio è indirizzato direttamente al recapito della Coldiretti. Ed è un assegno da 80 milioni di euro. Un emendamento appoggiato dal governo al testo della “manovrina” di aggiustamento dei conti pubblici, in discussione alla Camera, presentato dal deputato del Pd Mauro Guerra, con un sol colpo di spugna azzera il debito verso lo Stato e mette fine a 26 anni di commissariamento della Federconsorzi, storico carrozzone succhia soldi e voti della ex Dc e gestito fin dal 1948 dalla Coldiretti. Recentemente l’Avvocatura dello Stato aveva ricalcolato in 40 milioni di euro i crediti vantati dallo Stato verso l’organizzazione consortile in liquidazione.
L’emendamento stanzia altri 40 milioni di euro per il 2018, rifinanziabili anche negli anni successivi, che confluiranno in un apposito fondo per ristrutturare i debiti verso le banche dei singoli consorzi (privati) che compongono la galassia della Federconsorzi. Una ripartizione di questi fondi era stata concordata tra i consorzi già due mesi fa, evidentemente nella certezza che sarebbero arrivati. Una gran parte delle esposizioni dei consorzi agrari toscani, veneti e emiliani sono riconducibili ai loro incauti investimenti nella Banca popolare di Vicenza. Nel 2011 in piena crisi finanziaria, la banca veneta entra, acquistandone quote, nel fondo Agris, fondo immobiliare alimentato con gli immobili dei consorzi agrari che a loro volta avevano acquistato azioni della banca stessa. I consorzi agrari, in pratica, hanno comprato azioni della Popolare quando il titolo era a oltre 40 euro ad azione. Titolo che ora vale drammaticamente molto meno.
Da un’analisi preliminare condotta dalla Confederazione italiana agricoltori (Cia) sui bilanci di 21 consorzi agrari e 1.432 imprese private attive (cooperative e società di capitali), operanti nella distribuzione di mezzi tecnici per l’agricoltura e nella gestione di prodotti agricoli, emerge che nel quinquennio 2011-2015, la perdita d’esercizio cumulata dal sistema dei Consorzi agrari è stata pari ad 89 milioni di euro. Mentre nel 2015 i consorzi agrari perdevano 16,6 milioni di euro, le imprese private, che remuneravano i prodotti agricoli allo stesso livello di prezzo, guadagnavano 139 milioni di euro. Tutto ciò mentre lo scorso anno i prezzi pagati agli agricoltori hanno perso il 5% e i redditi agricoli italiani sono crollati dell’8% a fronte di una media Ue del -2%. “Mentre l’imprenditoria agricola italiana attende invano la liquidazione delle risorse della Pac e nelle aree terremotate non sono ancora arrivati i ricoveri per gli animali, con sospetta tempestività e inaudita leggerezza, si sostengono strutture che la decenza vorrebbe morte e sepolte – attacca il presidente della Cia, Dino Scanavino – l’ennesimo tentativo di finanziare le esauste casse dei consorzi agrari e le loro speculazioni ci indigna profondamente”.
Che credibilità può avere un sindacato del genere?
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra