La guerra del Grano di quest’anno ha lasciato molte vittime sul terreno, molte aziende agricole hanno lasciato marcire il grano sul campo a causa dell’incredibile speculazione perpetrata dall’industria alimentare, ai danni degli agricoltori italiani che si sono visti svalutare i loro guadagni fino al negativo. Il prezzo di un quintale di grano è arrivato a Foggia a 19 € ed a Bologna a circa 24 €, con un questi valori, la perdita è assicurata, molti produttori dicevano che non valeva nemmeno la pena raccoglierlo, sarebbe costato ben più di quanto speso per arrivare al prodotto finito. La prima motivazione che è stata data a questa incredibile curva verso il basso è stata per via della quantità di proteine contenute nel nostro grano che ne avrebbe eroso il prezzo.
Inoltre poi, l’industria con persone del calibro di Farinetti si permette di dichiarare apertamente che nei suoi pastifici utilizza grano Canadese, perchè più ricco di proteine (e poi ha una catena chiamata Eataly? Cosa non ho capito?) rispetto a quello italiano. Non dovrebbe essere uno dei cavalieri dell’italianità? Il portabandiera della nostra dieta nel mondo? Evidentemente al “Made in Italy” c’è attaccato anche molto altro, anche molte volpi che sfruttano il tricolore per i loro affari. Questa sua dichiarazione ha dato ulteriore forza alla spinta verso il basso al prezzo del prodotto (che caso, vero?).
Il MIPAAF quindi ha quindi stanziato, per Decreto, 10 milioni di € a sostegno degli agricoltori, in vista della prossima semina e fino a qui tutto bene, il problema è che si tratta di poco più che una mancia: 100€ per ettaro coltivato a grano, con un massimo di 50 ettari, quindi se la matematica non è un’opinione, sono 5.000 € al massimo! Ed il contratto da sottoscrivere è triennale, quindi sono 5.000€ per 3 anni consecutivi per un totale di 15.000€.
Nel Nord Italia c’è un proverbio che recita “Piutost che nient, l’è mei piutost” (Piuttosto che niente, meglio piuttosto = piuttosto che niente, meglio qualcosa), ma perdonateci, non credo che questa cifra possa sanare il danno che è stato prodotto dalla non tutela del mercato agricolo che imperversa in Italia, dietro al velo chiamato “libera concorrenza”, questa è una burla bella e buona, o se vogliamo dirla in altri modi: è una presa per i… fondelli!
Inneggiare alla libera concorrenza potrà essere un discorso attuabile quando ci saranno le stesse leggi, tassazione, multe e sovvenzioni uguali in tutti gli Stati membri. C’è chi sostiene che l’economia è questo, che tutti i mercati sono soggetti alla stessa legge e che gli agricoltori non dovrebbero essere aiutati più di quanto accade con gli altri attori della manifatturiera italiana, però parlando di agricoltura le cose non sono proprio le stesse. La pesante vita lavorativa di un agricoltore non è semplice, l’esperienza, la conoscenza del lavoro e la capacità nell’uso degli strumenti non è la sola componente della buona riuscita del raccolto e quindi del guadagno. C’è anche la meteorologia, le malattie delle piante, animali ed insetti, furti, vandalismo e chissà quant’altro che ora non stiamo ad elencare, come possiamo mettere a paragone un mestiere così importante con il resto dei lavori (senza nulla togliere agli altri)? Dal cibo dipende la vita delle persone, ne dipende la salute, la stessa qualità della vita che oggi è un elemento ancor più importante di alcuni decenni fa.
Noi crediamo che questo è il motivo per il quale il mercato agroalimentare va tutelato e tenuto in grande considerazione, immaginate se la qualità del cibo scendesse a tal punto da renderlo dannoso per l’organismo, come sempre più sta diventando, tra OGM e tutta la chimica applicata alle coltivazioni intensive. Caderebbe ancora una volta sullo Stato che avrebbe un costo sociale molto maggiore, maggiori cure mediche, minori risultati lavorativi a causa dell’assenza dal lavoro per doversi curare e perdita di competitività delle aziende che dovrebbero ridurre la produzione o assumere altro personale per sopperire alle mancanze aumentando i costi, ci sarebbero minori natalità a causa delle malattie, ne nascerebbero di nuove come la celiachia, malattia rara fino a circa di 15 anni fa, oggi molto diffusa in Italia (1/150) e non solo, sinceramente io non ne avevo mai sentito parlare prima di allora. Non ci sembra un bello scenario.
Ringraziamo quindi il MIPAAF per quanto dato, ma sinceramente si sarebbe dovuto fare di più o, come sempre, farlo in modo differente. Tutelare il lavoro, il guadagno e la dignità di chi fa questo mestiere, con adeguati mezzi di controllo del mercato, evitare le speculazioni e le furberie dell’industria che tende sempre ad aumentare la forbice tra costo e prezzo sullo scaffale, che non fa che peggiorare la qualità del prodotto finito. Dare soldi per arginare un’emorragia di guadagni è un pò come il catalizzatore nella marmitta dell’automobile, agisce quando già il danno è stato fatto e cerca di renderlo meno dannoso, per poi perdere d’efficacia nel tempo. Non sarebbe meglio avere un motore più pulito all’origine?
Paradossale il confronto ma rende l’idea.
Mauro Cappuccio
Segretario Generale
Insieme per la Terra