Quando pensiamo di aver visto tutte le cose più brutte nella nostra vita dobbiamo costantemente e puntualmente ricrederci.
L’articolo di Alberto Grimelli pubblicato su Teatro Naturale lascia totalmente increduli coloro che hanno fatto del sacrificio in campagna il proprio stile di vita.
Si attendeva da tempo che il governo varasse il decreto legislativo con le sanzioni per violazioni del regolamento 29/2012, relativo alle norme di commercializzazione dell’olio di oliva.
Non si attendeva però che il governo, dopo le polemiche sull’Italian sounding e le recenti inchieste giudiziarie, depenalizzasse il reato di contraffazione del Made in Italy.
Vediamo cosa dice esattamente la bozza di decreto legislativo attualmente all’esame delle Camere che dovranno esprimere il proprio parere sul provvedimento.
Articolo 4 (Designazione dell’origine)
Salvo che il fatto non costituisca reato, chiunque non indica nell’etichetta degli “oli extra vergini di oliva” e degli “oli di oliva vergini” preimballati e nei documenti commerciali di detti oli sia preimballati sia allo stato sfuso, la designazione dell’origine o indica la designazione dell’origine difformemente da quanto previsto dall’articolo 4 del regolamento (UE) n. 29/2012, ovvero riporta segni, figure o illustrazioni in sostituzione della designazione dell’origine o che possono evocare un’origine geografica diversa da quella indicata, è soggetto alla sanzione amministrativa pecuniaria del pagamento di una somma da euro 1600 a euro 9500.
Apparentemente il governo tutela la salvaguardia penale, con la frase iniziale “salvo che il fatto non costituisca reato”, ma è solo fumo negli occhi.
Secondo la Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 4 marzo 2014 (Grande Stevens e altri c. Italia): “… l’articolo 2 del Protocollo n. 7 vieta anche il «doppio giudizio» per gli stessi fatti. Un procedimento penale non può quindi essere aperto per gli stessi fatti oggetto di una decisione amministrativa definitivamente confermata dai tribunali e passata quindi in giudicato…”
Nel caso venga comminata la sanzione amministrativa prevista dalla bozza di decreto legislativo del governo, e la stessa non venga impugnata, è di fatto vietato alle Procure anche solo aprire un fascicolo per “Contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti agroalimentari.” (articolo 517 quater del Codice penale).
All’azienda in odor di controlli basterà insomma farsi comminare la multa fino a 9500 euro per veder automaticamente risolta ogni pendenza con lo Stato.
La deterrenza
L’articolo 517 quater del Codice penale punisce con la reclusione fino a due anni e con la multa fino a euro 20.000 chi si macchi di tale reato.
Lo schema di decreto legislativo del governo non solo depenalizza l’illecito ma dimezza anche la sanzione rispetto a quanto previsto dal Codice penale.
E’ vero che, spesso, i processi per frode in commercio e contraffazione del Made in Italy si concludono con la prescrizione, salvando così gli imputati dalla pena, ma è altrettanto vero che il rischio di incorrere in guai penali, l’incertezza per l’esito processuale, comunque l’ansia e la preoccupazione fino alla prescrizione (sette anni e mezzo) costituiscono un buon deterrente. Senza considerare il surplus di verifiche da parte delle autorità a cui verrà sottoposta l’azienda che verrà inserita nell’elenco delle imprese a rischio in qualunque piano dei controlli.
Una multa da 9500 euro è un buon deterrente?
Facciamo qualche conto.
La recente inchiesta della Direzione Distrettuale Antimafia di Bari ha messo sotto indagine 7000 tonnellate di falso Made in Italy. L’anno scorso la differenza di prezzo tra un extra vergine Made in Italy e uno Made in Ue, senza considerare quelli extra Ue, era di 1-1,5 euro.
Spacciando per Made in Italy un olio comunitario l’utile per l’azienda variava quindi da un minimo di 7 milioni di euro fino a un massimo d 10,5 milioni di euro.
Una multa da 9500 euro è un buon deterrente? Se proprio volessimo depenalizzare il reato dovremmo rendere davvero deterrente la sanzione pecuniaria, rendendola pari al fatturato generato dalla frode.
Nel caso specifico, secondo i calcoli degli inquirenti, la sanzione potrebbe essere di circa 30 milioni di euro. Questo sì costituirebbe un buon deterrente.
Il fronte interno: guerra tra organi dello Stato?
E’ stata Elena Boschi, nella sua funzione di Ministro dei rapporti col parlamento, a trasmettere la bozza alle Camere ma questa è stata scritta al Ministero delle politiche agricole. Stando a quanto riportato da Agricolae il testo avrebbe fatto scaturire qualche mal di pancia persino nello stesso Ministero.
Non è difficile intuire, sulla base dell’articolo 10, chi sia l’ispiratore della norma.
Il comma 1 del suddetto articolo individua nell’Icqrf (Repressione frodi) l’unico responsabile dell’irrogazione delle sanzioni, anche se la violazione delle stesse può essere accertata anche da altri organi dello Stato.
Viene quindi depotenziato e derubricato a solo accertatore il ruolo delle varie forze di polizia: Corpo Forestale dello Stato, Carabinieri dei Nas, Guardia di Finanza, solo per citare quelle che più frequentemente si occupano di verifiche nelle aziende dell’agroalimentare. Queste, una volta accertata la violazione di falso Made in Italy, non dovranno più trasmettere la notizia di reato alle Procure ma trasmettere il verbale alla Repressione frodi che si occuperà, nel ruolo di giudice, di irrogare la sanzione. Gli ispettori dell’Icqrf, però, diventeranno sia accertatori sia giudici, potendo sia rilevare la violazione sia comminare la multa.
Caso più unico che raro, inoltre, il comma 4 dell’articolo 10 stabilisce che il 50% dei proventi delle sanzioni verrà trasferito al budget dell’Icqrf. Più accertamenti, più multe e più soldi da spendere per l’Ispettorato Repressione Frodi.
Falsificare il Made in Italy val meno di dichiarare falsamente “estratto a freddo”
La sanzione per falso Made in Italy, come abbiamo visto, è fino a 9500 euro.
Quella per violazione delle indicazioni facoltative (come “estratto a freddo” o “fruttato”) arriva fino a 18000 euro.
Di più, dichiarare falsamente l’origine Made in Italy sull’olio di oliva o sull’olio di sansa di oliva costerà al truffatore fino a 18000 euro, ovvero il doppio che non per le categorie olio extra vergine di oliva o olio vergine di oliva. Evidentemente chi ha redatto la norma considera più pregiato l’olio d’oliva rispetto all’extra vergine.
Chiudiamo con una buona notizia, l’unica di questa storia disgraziata. La bozza di decreto legislativo prevede che le multe siano dimezzate per violazioni su quantitativi inferiori a 200 kg/l di olio e raddoppiate invece per quantitativi superiori ai 30.000 kg/l di olio. L’idea della proporzionalità della pena è meritoria. Una maggiore scalarità è però auspicabile.
Se inganni il consumatore pagherai solo una sanzione amministrativa. E la tutela legale del Made in Italy tanto professata dove risiede? Dopo averci derubato i nostri risparmi vogliono toglierci la nostra identità.
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra