L’articolo di Quale Formaggio descrive la grande difficoltà del settore lattiero caseario e delle pessime prospettive per l’anno in corso; sinceramente gli allevatori non sanno se buttare tutto il lavoro di generazioni nelle ortiche o vedere il bicchiere mezzo pieno. Le istituzioni romane quando comprenderanno la necessità di predisporre un vero e proprio piano di rilancio del lattiero caseario italiano?
È già trascorso un mese e mezzo dall’annuncio sul nuovo prezzo del latte (37 centesimi di euro al litro) fatto dal ministro Martina al termine del tavolo interprofessionale del 26 novembre, presso il Mipaaf. Un accordo dal respiro corto, come lo definimmo allora, che scadrà il 28 febbraio, data oltre la quale le prospettive si fanno davvero oscure per gli allevatori italiani. Come già lo sono nel resto d’Europa.
Mentre da noi non si va oltre le nuove accuse che l’assessore lombardo Gianni Fava muove al ministro Martina (leggi qui), in Europa si registrano ulteriori sviluppi, in una situazione che vira rapidamente dal male al peggio. Il prezzo medio, già sceso a 30,40 centesimi al litro nell’ottobre scorso (-5,40 centesimi rispetto al 2014), punta ora in picchiata, a seguito della concomitanza di due indicatori altamente negativi: l’aumento generalizzato dei livelli produttivi (il 4,1% di media, con i picchi del +9% del Belgio e del +10% dell’Olanda) e un deciso calo della domanda.
«Una situazione in cui molti allevatori perdono soldi», come ha sottolineato Gérard Calbrix, responsabile degli affari economici della francese Atla (Associazione di Trasformazione del Latte Francese), «avendo costi di produzione compresi tra i 25 e i 35 centesimi di euro al litro». Mentre c’è chi si spinge a prevedere per metà anno un prezzo di 25 centesimi al litro, con cui praticamente nessuno più riuscirebbe ad avere utili, ecco che in questi giorni e per la prima volta in Francia più di un’industria supera al ribasso le quotazioni di Sodiaal (30 centesimi/litro), che sinora aveva rappresentato un punto di riferimento per larga parte del mercato.
A tentare di calmierare le produzioni, giunge ora un’iniziativa che sta raccogliendo l’interesse di molti operatori: l’olandese Friesland Campina (che sta ritirando latte a 29,25 centesimi), dopo un sondaggio effettuato tra il 13 e il 27 dicembre scorsi, ha lanciato un premio di 2 centesimi al litro per gli allevatori che riusciranno a calmierare la propria produzione, ovvero a invertire un trend produttivo di crescita (l’azienda ha registrato un +6,4% nel 2015 rispetto all’anno precedente, con 600mila tonnellate in eccesso) e a riportarlo ai livelli del 2014. Anche e soprattutto perché gli impianti di stoccaggio pare siano saturi, quindi incapaci di ricevere eccedenze. Il banco di prova per questa iniziativa è stato avviato il primo di gennaio e si concluderà l’11 febbraio.
Nel frattempo alcuni – e forse già troppi – gruppi industriali (almeno tre in Francia negli ultimi mesi) si sono lanciati nell’avventura delle torri di polverizzazione: con investimenti tra i 60 e i 100 milioni di euro, e con l’obiettivo di servire un mercato cinese che – a dispetto delle previsioni degli anni passati – oggi non garantisce più delle prospettive di crescita smisurata. La Cina ha già effettuato delle rilevanti scorte di latte e inoltre sta lavorando per produrre in proprio, con progetti zootecnici da migliaia di capi e aziende a partecipazione straniera.
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra