Diciamoci la verità, quanti di voi hanno visto e letto articoli sui quotidiani o sul web che parlano di questo famoso ritorno dei giovani alla terra? La Coldiretti, in generale tutte le sindacali, hanno trasformato, grazie ai media con sete di buone notizie, una speranza in realtà. Una speranza che avrebbe significato, per le nostre amate sindacali, nuove partite iva, nuove contabilità da tenere, nuovi servizi, insomma cassa a volontà! Invece questa speranza si è fermata al palo; solo l’11% della popolazione agricola attiva in Lombardia, la regione agricola più attiva, ha meno di 40 anni.
Allora è qui che accade il miracolo: parlare in modo ossessivo dei giovani che vanno a vivere in campagna, aggiungendo quel “dire non dire” così da creare lo scoop giornalistico. Praticamente riuscire a trasformare un orto in attività agricola che possa sostenere economicamente la propria famiglia.
Sono sempre più numerosi i giovani che sia in Italia che nel mondo stanno riscoprendo l’agricoltura, sia come vero e proprio lavoro che come coltivazione dell’orto di casa per avere a disposizione cibo sano e naturale. Il mondo sta cambiando e i giovani sono tra le persone più sensibili ai problemi legati al riscaldamento globale, alla sicurezza alimentare e alla necessità di mangiare in modo sano e sostenibile. Esistono giovani che sono piuttosto stanchi della vita frenetica in città e che preferiscono trasferirsi in campagna e intraprendere progetti di autosufficienza e autoproduzione per coltivare cibo bio. Si tratta di un vero e proprio trend globale in cui i giovani hanno iniziato a considerare l’agricoltura e la campagna come dei rifugi in cui dare inizio ad una vita migliore per se stessi e per le nuove generazioni, pensando anche ai figli che arriveranno. Così sempre più persone al di sotto dei 30 anni iniziano a progettare una vita a contatto con la natura e all’insegna del benessere. Decidono di investire le proprie energie verso il recupero di tradizioni antiche e quando possono riescono a recuperare le usanze locali del passato per quanto riguarda la coltivazione e la produzione di prodotti tipici. I giovani hanno capito che conoscere esattamente la provenienza del cibo che acquistiamo nei supermercati è quasi impossibile e che dunque è arrivato il momento di cambiare rotta verso uno stile di vita più consapevole e sostenibile. La salute e la sostenibilità infatti passano soprattutto dal cibo sano, coltivato in modo naturale ma anche da una vita meno stressante, magari più vicina alla natura, in campagna o in montagna, quando possibile. La vita in campagna permette di:
-Ritornare a coltivare in modo naturale;
-Riscoprire gli antichi mestieri e le tradizioni locali;
-Favorire il lavoro manuale;
-Recuperare il contatto con la natura;
-Riscoprire il valore del tempo;
-Riscoprire l’importanza delle relazioni con gli altri;
-Permettere ai figli di crescere nel verde;
-Avere a disposizione cibo più sano e sostenibile;
-Riscoprire autoproduzione e autosufficienza.
Per diversi motivi non tutti riescono a realizzare il sogno di cominciare a coltivare un grande orto oppure di trasferirsi in campagna, ma i giovani che al momento si trovano a dover vivere comunque in città o nelle periferie sanno comunque come apportare cambiamenti nella propria vita. Ad esempio iniziano a coltivare erbe aromatiche o ortaggi sul balcone, riescono a creare un piccolo orto a casa dei genitori o dei nonni, si informano sulla possibilità di acquistare prodotti locali e di fare parte di un Gruppo di Acquisto Solidale. Anche se non possiamo trasferirci in campagna proprio in questo momento, se vogliamo possiamo comunque dare il nostro contributo per un modo di vivere più naturale, non credete?
Dopo questo racconto di Greenme mi domando sinceramente quale prodotto possa essere coltivato per dare un’adeguata remunerazione per sostenere un’attività agricola. Purtroppo nessuna coltivazione può permettere di far guardare il futuro con serenità, c’è solo una profonda sensazione di smarrimento.
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra