Lettera di una #lettrice – L’agricoltura italiana: una via da percorrere?

Lettera di una #lettrice – L’agricoltura italiana: una via da percorrere?

L’AGRICOLTURA ITALIANA: UNA VIA DA PERCORRERE?
Valutazioni di una consumatrice

Ogni giorno il sistema agroalimentare globale regola il mercato e condiziona le nostre abitudini alimentari.

Le reti sociali e le trasmissioni televisive ci forniscono dati preoccupanti. La qualità e la sicurezza degli alimenti sono un argomento dibattuto, anche a livello nazionale. Le informazioni aprono uno scenario inquietante sugli illeciti penali e le condotte criminose di persone e aziende. Frode, adulterazione, alterazione, contraffazione, contaminazione attraverso additivi e aromatizzanti, coadiuvanti tecno-logici, materiali inappropriati a contatto con gli alimenti, sostanze usate nei mangimi, utilizzo di pesticidi, diserbanti, antibiotici utilizzati negli allevamenti intensivi, carne bovina contenente una quantità esagerata di estrogeni, radioattività, acque minerali e quant’altro mettono a rischio il benessere collettivo.

La percezione del pericolo varia a seconda dell’età, della professione, dell’educazione di ciascuno. In un quadro familiare a scarso reddito procapite ogni valutazione salutistica spesso soccombe. L’esigenza di risparmiare  ha la meglio. A fronte di una offerta che massimizza il profitto.

Quali sono i rischi per la salute pubblica?

La nozione di salute pubblica trae fondamento dal dettato costituzionale (articolo 32), ma anche dalla definizione contenuta nell’Atto Costitutivo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità firmato a New York il  22 luglio 1946  entrato in vigore il 7 aprile 1948.
Ripresa dal nostro ordinamento giuridico con il D.L.C.P.S. 1068/48.

Nonostante queste premesse – fondamentali per ogni ordinamento giuridico democratico – che nella Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo hanno posto le proprie fondamenta, il consumatore si trova in difficoltà!

Quali sono gli strumenti disponibili per una corretta valutazione del rischio nella catena alimentare?

La tracciabilità identifica le aziende responsabili del prodotto, e quali tracce lasciare. Nel processo inverso la rintracciabilità deve essere in grado di risalire alle informazioni e alla storia del prodotto. Che non è l’etichettatura, la quale non sempre descrive la composizione di un prodotto, l’area geogra-fica, il metodo di produzione. Oltre a specificare il “senza”:  lattosio, olio di palma, o altro. Che non sempre garantiscono qualità al prodotto. Per  formarsi un’opinione il consumatore può avvalersi delle informazioni  date dalle riviste di settore; collegarsi  a uno strumento – controverso – come internet;  o alla capacità di tradurre in concreto il codice a barre. Attenzione, perché nell’etichettatura la sigla del paese non sempre corrisponde al luogo di produzione. Infatti una ditta italiana può richiedere un codice italiano anche per merci prodotte all’estero.

Nel contempo le nostre imprese subiscono gli effetti rappresentati dal furto d’identità. Alimenti pro- venienti dall’estero vengono regolarmente venduti come prodotti italiani. Un danno che provoca alla nostra economia, già tanto traballante, una perdita considerevole di miliardi di euro ogni anno. Un raggiro che passa attraverso la commercializzazione di prosciutti e formaggi. Per di più è in continuo incremento l’importazione di vini di qualità discutibile, sempre a discapito della salute pubblica. Altresì è una realtà conosciuta la produzione di pasta ottenuta da grano OGM:  coltivato chissà dove!

Il consumatore prende atto dell’inadeguatezza delle regole e di alcune procedure comunitarie messe in evidenza anche in occasione di gravi criticità alimentari. La garanzia e la rintracciabilità in tutte le fasi della filiera degli alimenti, dei mangimi per gli animali, e di altre sostanze atte a farne parte non sono rassicuranti e neppure sono sufficienti a ripristinare la fiducia dei più informati.

La ricerca di alimenti sani promuove nell’utente una crescente consapevolezza che privilegia i prodot-ti agricoli italiani. La filiera corta diviene una iniziativa che trova riscontro tra i giovani. Che offrono un cambio generazionale importante. L’innovazione svecchia un settore apparentemente fermo. Oltre a fornire dignità, e nuove opportunità di lavoro, rivaluta i valori tradizionali. Ecco che le terre abban-donate dai contadini e dai proprietari terrieri tornano a rivestire un ruolo importante. Una corrente ri-voluzionaria si sta incuneando nella realtà agricola italiana: ridare dignità ai campi. E non solo! Anche gli investitori – da sempre restii a scommettere sull’agricoltura italiana – tendono a rivalutare e ad associare il Reddito al progetto agricolo per lo sviluppo Biologico.

Avere anche solo un poco di terra da coltivare per il proprio fabbisogno è forse un lusso?

O può divenire un modo intelligente e salutare per affrontare tante incognite, oltre che donare dignità all’uomo?

L’agricoltura biologica può essere considerata un diritto irrinunciabile, una risorsa per noi e per il fu-turo dei nostri figli?

L’idea che il bello e il buono si disperdano dentro una scatoletta a lunga scadenza, o in un liofilizzato, o peggio si trasformino in insetti: “Cibo da consumare con gusto” non vi sgomenta?

Con questi temi, prima o poi, tutti dovremo confrontarci.

Ma l’agricoltura è ancora una via percorribile?  Nelle regioni italiane si trovano ancora spazi rurali da organizzare? Suoli capaci di fare germinare il frutto del benessere?

Terre da coltivare e non da abbandonare: una  risorsa da non sprecare?

Nel cuore dell’Africa si raccoglie mestizia.

Il tempo rincorre se stesso: posto in una cornice che cambia il colore, ma la cui forma domina.

Certezze e avversità si alternano dentro a una realtà che propone disumanità. Le certezze sono avva-lorate da una costante: la speranza. Che continua ad animare il proposito: trovare la soluzione a ciò che, spesso, è peggio di come appare. L’aspettativa evolve nell’attesa la necessita di un riscontro og- gettivo. Altrimenti annega, anch’essa. Siamo tutti in balia degli eventi: naviganti senza una rotta.

Siamo pronti a considerare la terra da coltivare come la migliore risorsa per “Uscire dalla tempesta sul mare della Galilea”?

Approdare là: dove i nostri predecessori hanno posto il seme della sopravvivenza.

Siamo a una svolta.

Attraverso  le nostre scelte possiamo coniugare gli sforzi, le competenze,  i mezzi economici (chi li ha) per avviare nuovi progetti dai contenuti antichi quanto l’uomo: diamogli il benvenuto.

Maria Salvo

Cristo nella tempesta sul mare di Galilea – Rembrandt