Senza sosta, senza scrupoli, l’Italia dell’informazione agricola distorta continua a raccontare illusioni e bugie. Per commentare l’articolo del Corriere useremo le parole di Alessandro Riganelli, fondatore di Fitowell: “le visioni distorte, alterate, la lettura dei dati affidate a giornalisti impreparati, che non sanno leggere l’altro lato della medaglia. Una lettura trimestrale del pil in agricoltura. Come pesarsi solo dopo ferragosto. L’importante è il messaggio che si vuol far passare, condirlo con retorica e oscurare la situazione disastrosa delle imprese. Venghino signori, venghino.”
Due indizi non fanno ancora una prova. Tuttavia cominciano a denotare una tendenza. L’Italia sta registrando una crescita per volumi, valori e posti di lavoro nell’agricoltura. In un secondo trimestre asfittico (a segno zero) l’Istat contabilizza una crescita del settore primario che unito a quello dei servizi compensa le difficoltà dell’industria. Un mese fa l’istituto di statistica aveva segnalato una convinta ripartenza del Meridione attribuendola, dopo sette anni di Grande Crisi, all’aumento del giro d’affari dei prodotti della terra. Più 7,3% il valore aggiunto del settore nel 2015 rispetto all’anno precedente.
In filigrana potremmo motivare il dato con una migliore gestione degli incentivi comunitari: oltre 52 miliardi di euro dal 2014 al 2020 correlati alla Pac, la politica agricola comune. Circa 27 miliardi in interventi diretti agli agricoltori completamente a carico dell’unione europea. Altri 21 miliardi per lo sviluppo rurale per metà provenienti da Bruxelles e per metà co-finanziati dagli Stati (attingendo alla fiscalità generale). Gli ultimi quattro per gli Ocm (organizzazione comune di mercato) con interventi mirati.
Ciò che sta favorendo il cambio di passo è probabilmente legato al modo in cui Bruxelles ha deciso di distribuire le risorse. Fino all’anno scorso il modello era quello classico: incentivi a pioggia con una particolare declinazione verso le aree depresse. Da un anno a questa parte è in vigore il regime degli “aiuti accoppiati”, modello secondo il quale i soldi vengono elargiti secondo il combinato disposto tra i volumi effettivamente prodotti e un sistema di quote su base regionale. Un modus operandi che ha fatto innalzare la produzione agricola per godere di maggiori incentivi.
In passato i fondi Ue avevano spesso svolto la funzione di ammortizzatore sociale. Ora diventano l’abbrivio per ridurre la disoccupazione giovanile. Un esempio calzante è il progetto “Campo Libero”, ideato dal ministro per le politiche agricole Maurizio Martina. Uno scambio rendita-lavoro che comincia a dare i suoi frutti. Il ministero, di concerto con l’Agenzia del Demanio, sta via via predisponendo una serie di bandi di gara, dando in locazione/vendita appezzamenti di terra ai giovani che, avendone i requisiti, ne fanno richiesta. In poco più di un anno sarebbero oltre 20mila gli under 35 coinvolti nel programma, con una crescita dei posti di lavoro del 16% in un anno.
Tra le misure utili la detrazione per l’affitto dei terreni (al 19%) per giovani coltivatori diretti e i 60 milioni di euro stanziati nel bando dedicato ai mutui a tasso zero (ma le richieste sono state sette volte superiori al budget, a testimonianza che si può fare di più). Così l’occupazione giovanile in Italia nell’agricoltura è salita nell’ultimo anno del 3% rispetto al 2,2% nazionale.
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra