In questi ultimi anni stiamo subendo un’ondata di acquisizioni delle nostre aziende da colossi stranieri, così come di nostri marchi che spostano la produzione all’estero. L’invasione di prodotti stranieri a basso costo (e probabilmente anche di bassa qualità) sta facendo preferire quelli provenienti dai mercati esteri ai prodotti nazionali.
La legislatura europea in più, spinge proprio per eliminare ogni forma di “preferenza” forzando la mano sullo slogan dell’unità del vecchio continente, alla libera circolazione delle merci nonchè alla libera concorrenza.
La nostra politica nostrana non aiuta in questo senso, ponendo una tassazione imbarazzante ed un groviglio di leggi e burocrazia che farebbe spazientire il biblico Giobbe, le politiche agricole sono più che mai “uccel di bosco” quando c’è da portar l’acqua al proprio mulino infine, le associazioni di categoria oramai s’è ben capito che fanno il gioco di chi le sostiene e le loro proteste sono spesso un modo per far vedere che ci sono e per giustificare i contributi governativi.
Tutti questi elementi, messi insieme fanno lievitare i costi di produzione di molto e non sempre è giustificabile la differenza di prezzo dall’equivalente estero, a livello di costo industriale, la materia prima ha un peso non indifferente quando si va sulla quantità che appunto, va a discapito della qualità.
Come biasimare se i produttori che hanno reso il Made in Italy grande, abbiano sempre più la spinta all’acquisto del prodotto straniero? D’altra parte costa molto meno del nostro e se il prodotto finito non necessita di un particolare livello qualitativo, allora perchè spendere di più?
Detto questo, i nostri produttori locali pian piano stanno andando in questa direzione, si sta sempre di più acquistando prodotto estero per una ragione di contenimento di costi, anche per rendere più vendibile il prodotto sia in Italia che all’estero, la concorrenza non sta ad aspettare noi, così come non tutti sanno capire la differenza tra un prodotto totalmente italiano ed uno che non lo è, spesso si tratta solo di qualità organolettiche che sono visibili solo a lungo termine, sulla salute delle persone e quindi non avvertibili “al gusto”.
Il titolo di questo mio “punto di vista” Made in Italy alimentare: Presto sarà un marchio di trasformatori non è così lontano dalla realtà. Certamente non sarà per tutti i produttori così, ma se le stalle chiudono perchè produrre il latte oramai è diventato una perdita (prezzo alla stalla è di circa 35 cent al litro e produrlo costa circa 45/48 cent), produrre carne suina anch’esso è una perdita (prezzo circa 1,2 € al kg, produrlo circa 1,7€), un vitello da circa 40/45 KG viene acquistato alla stalla a 35 € (costi fissi come passaporto, orecchini, veterinario, cibo e latte in polvere) e potremmo continuare per molto, certamente questa tendenza, spinta dalla leva degli industriali, non può che far fallire il nostro mercato interno e quindi le aziende che tanto inneggiano al Made in Italy in realtà diventeranno solo dei “trasformatori”.
Il nostro stupendo mercato che in altri paesi nel mondo ci invidiano, sta per diventare un mercato “vuoto”, un’etichetta di soli trasformatori che useranno questo nome per dare un “plus” al loro cliente, ma in realtà l’ingrediente con cui è stato prodotto sarà di provenienza estera.
Mauro Cappuccio
Segretario Generale
Insieme per la Terra