E non è finita qui:
I NUMERI
– 6 miliardi di euro in 3 anni di credito dedicato per l’agroalimentare
– 10 miliardi di euro di investimenti potenzialmente attivabili
– 70 mila nuovi posti di lavoro stimati
Siamo ancora alla spettacolarizzazione, al marketing, alla campagna elettorale anticipata, non pensate anche voi?
Invece mi è piaciuto molto il messaggio riportato dal Presidente di Confederazione Italiana Agricoltori Scanavino, molto più vicino alla realtà e senza troppa euforia, parla dei problemi del settore in modo preciso e con la consapevolezza di chi vuole qualcosa di più di un proclama:
Fonte GreenReport
Il presidente della Confederazione italiana agricoltori, Dino Scanavino, è intervenuto sul protocollo d’intesa tra Mipaaf e Intesa San Paolo: «Accordo positivo per agevolare gli investimenti. Ancora 4 aziende agricole “giovani” su 5 hanno difficoltà nell’accesso ai finanziamenti. Più in generale, serve un progetto di rilancio organico a sostegno del comparto, che sconta ancora tante difficoltà, come i prezzi alla stalla non remunerativi per il segmento lattiero-caseario o la crescita esponenziale dell’import a dazio zero di olio d’oliva dalla Tunisia».
Scanavino ha sottolineato che «L’agroalimentare rappresenta un asset sempre più strategico per la ripresa del Paese e richiede, quindi, interventi e investimenti mirati. Per questo è molto positivo il protocollo d’intesa siglato tra Mipaaf e Intesa San Paolo alla presenza del premier Matteo Renzi, che prevede un plafond dedicato pari a 6 miliardi di euro in tre anni. Con l’indotto, il settore agroalimentare vale il 15% del PIL italiano e nell’ultimo anno ha raggiunto il record storico di 36 miliardi di euro di export, grazie anche a Expo che l’ha posto al centro del palcoscenico mondiale. Ma è altrettanto vero che il comparto continua a confrontarsi con problemi e ostacoli, tra cui appunto l’accesso al credito. Un discorso valido soprattutto per le nuove generazioni di imprenditori agricoli, con 4 aziende “under 40” su 5 che denunciano ancora difficoltà nell’accedere ai finanziamenti».
Ma Scanavino non traccia lo stesso quadro ottimistico dell’agricoltura italiana dipinto da Renzi: «Più in generale, per trasformare realmente l’agroalimentare in un volano di sviluppo del Paese, è necessario oggi un progetto di rilancio complessivo che, da un lato preveda misure orizzontali (come ad esempio l’alleggerimento del carico fiscale e la semplificazione della burocrazia), dall’altro lato misure a sostegno dei singoli segmenti produttivi. E tra i settori che, in una fase di particolare incertezza come quella che stanno vivendo, meritano attenzione e necessitano di aiuto c’è sicuramente il lattiero-caseario, che lotta con prezzi alla stalla non remunerativi e prospettive reddituali tutte da valutare dopo trent’anni di sistema delle quote, nonché la zootecnia da carne, con la forte dipendenza dall’estero dei ristalli e una filiera che sconta limiti organizzativi e scarsa modernità. Poi c’è l’ortofrutta, che è stata oggetto delle restrizioni imposte dalla Russia, e l’olio d’oliva alle prese non solo con la Xylella, ma anche con l’aumento esponenziale dell’import dalla Tunisia, che rischia ora di peggiorare con la concessione decisa dall’UE di un ulteriore incremento temporaneo a dazio zero dal paese africano verso l’Europa di 35 mila tonnellate fino al 2017. Solo adottando al più presto un quadro organico di misure a favore del settore, l’agroalimentare potrà continuare a fornire un prezioso contributo alla crescita dell’economia nazionale e essere la principale voce del “made in Italy” nel mondo».
Infine, capiamo perfettamente che gli sforzi del Governo Renzi sono tutti proiettati verso il Made in Italy nel mondo, ma poi chi ha la forza e la struttura per poter vendere all’estero, esportare nonostante la burocrazia e le leggi sulle frontiere (perché la libera circolazione c’è solo in EU, non nel resto del mondo) se non le grandi aziende, le imprese insomma.
Poi questo è un atteggiamento un po contraddittorio, mettiamo in piedi un Ministero dell’Agroalimentare, poi agevoliamo l’ingresso di merci estere nel nostro Paese, come ha fatto ad ottobre in Cile, dove ha firmato accordi commerciali. Facendo così crea ancora altra concorrenza, che senz’altro non fa bene alle piccole e medie imprese già in difficoltà sul mercato interno, che vede la concorrenza dei Paesi EU.
Davvero, non capisco se tutto questo bailamme serve a far parlare di se sempre e comunque o se davvero è talmente preso a fare e disfare, che non si rende conto che la sua rotta politica è assurda e contraddittoria.
Se voi vedete dell’altro che noi non vediamo, Vi preghiamo di evidenziarcelo.
Mauro Cappuccio
Segretario Generale
Insieme per la Terra