Evidentemente a Barack Obama non deve essere piaciuta la “guerra” messa in piedi dai tanti movimenti No – TTIP (compresi noi) da lui tanto ostentato e fortemente voluto. Forse uno dei pochi contentini da parte della sua amministrazione al mondo imprenditoriale.
Visto che, secondo l’articolo articolo comparso ieri sul sito di Agronotizie, il giorno 28/12/2016, ben 3 settimane prima dell’insediamento di Trump, a Barack dicevamo non è tanto andato giù il fallimento totale delle trattative sul TTIP che avrebbe lasciato campo libero ad import & export da e per gli USA, se l’è presa così tanto da scatenare l’imparziale Organizzazione mondiale del Commercio, che vista il nome, dovrebbe guardare al mondo intero, avere un atteggiamento uguale su tutti, evidentemente non è così, visto che hanno scagliato una scure da 100% di dazio (!!) su alcuni prodotti provenienti dall’Unione Europea.
Che gli americani fossero permalosi e vendicativi non dobbiamo dirvelo noi, basta guardare gli ultimi 100 anni di storia per confermarlo. Che fossero altezzosi e con atteggiamenti superiori, classico da chi ti guarda dall’alto in basso, del tipo “noi siamo l’America e te non sei niente”, anche qui, non salterete sulla sedia in preda alla sorpresa perchè non siamo nuovi a pressioni di questo genere e se vogliamo dirla tutta, forse nemmeno così ingiustificati, il loro mercato è enorme e se vuoi entrare a farne parte, qualcosa devi anche “dare”, ma da qui a compiere atti di ritorsione perchè “sembra” che tra TTIP e la nostra (strana?!?!) riluttanza a ricevere i loro prodotti non sempre… salubri (ci si ricorderà dei polli al cloro, del manzo agli steroidi anabolizzanti, i cereali OGM da loro liberamente utilizzabili nell’alimentazione umana ed animale e una serie di carni farcite di antibiotici).
L’operazione di Obama sembra più condita da salsa al “muoia Sansone e tutti i filistei” più che un buon messaggio da lasciare ai posteri del suo Paese, sa tanto di ripicca questa salsa per noi indigesta.
Quindi i nostri “cari” (in ogni senso) politici in quel di Bruxelles, al fallimento del TTIP hanno ben pensato, probabilmente sotto chissà quale spinta politica, di propinarci l’ennesima fava, bella pronta per noi poveri abitanti di questo sfortunato Continente, dal nome mefistofelico: il Mercosur! Sembra il nome di qualche supposta per uso veterinario e difatti lo potrebbe anche essere, ma i destinatari saremo, come sempre noi e le nostre imprese.
Anche perché, le analisi sulle carni ampiamente adulterate provenienti da Brasile, Argentina e Uruguay, erano tanto imbarazzanti da far preoccupare anche la Francia, che ha dimostrato immediatamente perplessità, incredibilmente l’Italia non ha detto nulla a riguardo (Voi direte: e quando l’ha mai fatto in passato?). Nemmeno le tante organizzazioni Sindacali nei vari settori che dovrebbero supervisionare ogni possibile interferenza al lavoro italico, il solito assordante silenzio di chi non ha interesse diretto. Immaginate quindi quanta bella carne “sana” finirebbe nei nostri alimenti, magari come semilavorati, poi con le etichettature farlocche del Ministro Martina, possiamo star tranquilli che non avranno difficoltà a propinarceli senza che nemmeno ce ne accorgiamo… o meglio, noteremo probabilmente che non ci ammaleremo più, gli antibiotici già li abbiamo presi mangiando un’amatriciana!
Torniamo sul discorso dazi, prendo in esame questa frase dell’amico Bernardelli:
Gli Usa, col beneplacito dell’Organizzazione mondiale del commercio (Wto), hanno la facoltà, non l’obbligo, di introdurre dazi pari al 100% sui prodotti europei, ma pari alla stessa cifra di cui lamentano l’infrazione. Dunque: 116 milioni di euro è la quota di manzo americano e su importazioni pari a 116 milioni di euro possono applicare i dazi fino al 100%.
Si, perchè ancora non è nemmeno deciso che questi dazi ci saranno, anche la cifra non è così impattante per la nostra economia, ma potrebbe essere anche un inizio, visto che, scrive sempre:
… qualora venisse adottato da Washington un sistema di sanzioni “a rotazione“, finalizzate e cioè a colpire gruppi differenti di prodotti.
Il Governo, nella persona del nostro Presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, ha subito dispensato una perla sulla vicenda:
“la qualità non ha frontiere”, e che “i dazi, i protezionismi, le chiusure non possono essere barriere in grado di mettere freni o muri”.
Siamo certi che dopo questa frase, all’Organizzazione mondiale del commercio staranno già facendo dietro-front… (ma mi faccia il piacere! – cit. Totò)
Queste speculazioni politiche, perchè di questo si tratta, rischiano di avere un peso economico e sociale non indifferente, citiamo ancora l’articolo:
I volumi di export dall’Italia agli Usa in chiave agroalimentare sono pari a 3,8 miliardi di euro cioè il 10,2% delle nostre esportazioni totali nell’agroalimentare. Ma non c’è solamente l’alimentare a essere messo in forse. Accanto a prosciutti, salami, cioccolato, acqua minerale (non il vino), a farne le spese con una tassazione pari al 100% sarebbero anche i motori di piccola cilindrata, il cui settore pesa 182 milioni di euro, oppure i tessuti in viscosa e Rayan, i filati contenenti almeno l’85% di fibre artificiali non destinati alla vendita al dettaglio, che rappresentano il 10,4% delle esportazioni italiane verso gli Stati Uniti, dunque lo 0,2% in più rispetto all’alimentare.
gli attori di questa ritorsione non sono sensibili agli effetti che una tale mossa possa fare a dei Paesi che stanno già attraversando la crisi più terribile della nostra storia recente, sono solo pavoneggiamenti, dimostrazioni di forza che servono ad intimorire. Una sorta di guerra fredda fatta per le bistecche, per dimostrare che sono loro a comandare le sorti dei mercati, ancora una volta gli Stati Uniti fanno leva sulla loro forza economica (e non solo quella) per sottomettere gli altri Stati, delle volte con i cannoni, altre volte con i dazi.
Ma siamo davvero certi di voler scendere a certi patti?
Mauro Cappuccio
Segretario Generale
Insieme per la Terra