Fidarsi delle multinazionali, qualunque esse siano, è come camminare sul ghiaccio a piedi scalzi. Vi ricordate quando Lactalis aveva promesso, pochi anni fa, di trasformare il sito di Collecchio della Parmalat nel più grande punto di riferimento del latte fresco italiano? Tutte bugie, visto le ultime notizie di trasloco alla borsa di Parigi. Come si fa a fidarsi di questa Azienda francese?
MILANO – Pochi giorni fa aveva deciso che il gruppo Parmalat non avrebbe più pubblicato le trimestrali. Ora potrà fare a meno anche della semestrale e del bilancio annuale. Con una operazione che – tutto sommato – era attesa dal mercato, il gruppo francese Lactalis ha annunciato prima dell’apertura dei mercati il “delisting” della società di Collecchio, togliendola così dal listino di Piazza Affari.
Tramite la controllata Sofil,la società transalpina di proprietà della famiglia Besnier – già azionisti dell’87,74% di Parmalat – hanno lanciato un’Offerta pubblica di acquisto sul capitale non ancora posseduto (pari al 12,26%) a 2,8 euro per azione, con un premio dell’8,5% sul prezzo di borsa di venerdì 23 dicembre.
L’obiettivo dell’offerta, si legge in una nota, è di “conseguire la revoca della quotazione delle azioni” dal listino milanese. Il gruppo Lactalis a cui Sofil appartiene, si precisa, intende comunque “continuare a sostenere la crescita ell’emittente”, ossia della stessa Parmalat.
Dopo più di 5 anni alla guida della società – si legge ancora nella nota – il gruppo Lactalis “intende dotarla di una nuova dinamica, che potrà essere più facilmente ed efficacemente conseguita nel lungo periodo senza far ricorso al mercato azionario”. Con il lancio dell’Opa – prosegue il comunicato ufficiale – “intende offrire agli azionisti di Parmalat un’opportunità di disinvestimento da un titolo il cui andamento è stato caratterizzato da un esiguo volume medio giornaliero di scambi, a fronte del limitato flottante risultante a seguito della precedente offerta pubblica di acquisto volontaria nel 2011”, che aveva portatola famiglia Besnier a controllare oltre l’87% del gruppo di Collecchio.
Sicuramente al nostro sconcerto, seppure eravamo abituati all’arroganza sui prezzi del latte operata a danno dei nostri allevatori, si somma altro sconcerto: il silenzio sindacale. Nessuno protesta, bocche cucite, nessuna manifestazione in programma. Ma i sindacati agricoli esistono o preferiscono in cambio di qualche tornaconto stare in silenzio? Va bene crederci cretini ma da qui ad esserlo ne passa di acqua sotto i ponti!
Sicuramente sarebbe il caso che la politica prenda le distanze da questo mal costume di appropriarsi di marchi italiani per poi portarli, nel silenzio generale, all’estero; giusto per ricordare, lo stipendio dei nostri politici nostrani viene pagato dai cittadini italiani, non francesi!
Come consumatori siamo di fronte ad un bivio: preferire latte italiano lavorato da aziende italiane o berci latte lavorato da aziende straniere che pagano le tasse all’estero? A voi la scelta, a noi la certezza di sostenere con i fatti il nostro amato Made in Italy.
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra