Si sa nel nostro Paese spesso divampa l’imbecillità e l’arraffare ingiustificato.
Nel mondo sportivo, come sostiene il Corriere della Sera, è arrivato da poche ore il balzello della tassa sul sudore. Visto questo precedente, burocratico e legale, non vi nascondiamo la nostra preoccupazione per un’eventuale estensione del provvedimento, seppur magari con altri nomi “commerciali”, al settore primario. Ogni giorno apprendiamo dai mass media di ritocchi al rialzo per luce, gas, autostrade, chi più ne ha più ne metta ! La nostra vita è dedicata principalmente al pagamento di una tassa vecchia o di un nuovo balzello, giusto per farci ricordare che il cittadino non ha più potere decisionale. Tutto calato dall’alto senza vedere la realtà quotidiana di noi comuni italiani.
L’Italia dello sport di massa è una repubblica basata sulle tessere. Siamo tra le pochissime nazioni al mondo in cui, per partecipare a una manifestazione — agonistica o semplicemente ricreativa —, sei milioni di sportivi amatoriali devono associarsi a una federazione sportiva nazionale (affiliata al Coni) o a un ente di promozione sportiva, riconosciuto dallo Stato. Per correre la maratona di New York, la più famosa e ambita del mondo, è sufficiente sottoscrivere online un modulo con cui ci si assume la responsabilità della propria salute e allenarsi per benino. Per disputare le maratone di Roma o Milano bisogna invece presentare un certificato medico legale (costo 60/120 euro) a una società affiliata alla Fidal o a un ente di promozione sportiva, pagare il tesseramento annuale (20/40 euro) e, in aggiunta a questo, versare la nuova «tassa sul sudore» (15/30 euro) alla federazione italiana di atletica leggera che, di fatto, ha imposto il suo copyright sulle manifestazioni nazionali.
Dal prossimo 1° gennaio, la «tassa sul sudore» sarà applicata anche al ciclismo dopo una decisione presa dal Consiglio Federale della Fci lo scorso 21 dicembre. Visto il complesso e costoso meccanismo burocratico, non è un caso se a fronte di oltre un milione di ciclisti e quasi due milioni di podisti che fanno attività regolare in Italia, la percentuale di quelli che partecipano a una corsa è, rispetto a nazioni come Usa, Francia o Germania, enormemente inferiore. La stessa procedura viene richiesta per legge a un cittadino straniero che decida di venire a correre in Italia, costringendolo a versare alle federazioni una quota a fondo totalmente perduto per correre solo poche ore. Non è un caso che il «turismo sportivo», da noi, generi introiti poco rilevanti rispetto a nazioni dove ormai è una fonte di guadagno importante: con oltre 3.000 italiani al via, la Maratona di New York supera la maggior parte di quelle che si corrono nel nostro Paese.
Dopo la tassa sull’acqua piovana le prese in giro verso i cittadini italiani continuano senza ritegno e senza vergogna. Fino a che punto continueremo a starcene in disparte nel nostro rumoroso silenzio?
Dr. Nicola Gozzoli
Coordinatore Nazionale Insieme per la Terra