Cari amici risicoltori, zio Giulio avrebbe detto “a pensar male non è peccato”. Il prezzo del riso è sicuramente crollato grazie all’importazione massiccia ed indiscriminata dai Paesi asiatici. Che fare? Sicuramente i consumatori devono fare molta attenzione su ciò che acquistano, in funzione anche della propria salute. Gli industriali importano, i controlli doganali soccombono, il consumatore acquista riso di bassa qualità; cari cittadini vi piace questo sistema?
Non è chiaro se ad attenderli troveranno il colonnello Kurtz e neanche se i nostri imprenditori usino farsi annunciare dalla Cavalcata delle Walkirie, come avviene nel film, ma i toni con cui si parla dei frequenti viaggi degli industriali risieri in Estremo Oriente sono degni di Apocalypse now. Colpa dei prezzi del risone, che esasperano gli animi e alimentano il gossip, visto che, gratta gratta, è difficile provare l’esistenza di una corrente di investimenti italiani in quel Paese, tesa a sfruttare le facilitazioni doganali europee a danno dei produttori nostrani. Tuttavia, che qualcuno abbia pensato di costruire una testa di ponte proprio in Cambogia è una teoria che gira tra i risicoltori e i mediatori da parecchio tempo. Complottismo? Che esistano delle società industriali controllate dagli italiani in quel Paese è un’ipotesi credibile, se si considera che, dopo una fase di importazioni di semigreggio, che hanno fatto precipitare le quotazioni dell’indica e impoverito i risicoltori europei, i Pma hanno iniziato a vendere all’Europa riso lavorato e confezionato, colpendo nel portafoglio anche gli industriali del Vecchio Mondo.
Questi ultimi, diversamente dalla parte agricola che può solo chiedere all’Europa di chiudere la porta alle concessioni tariffarie, in questi anni si sono adoperati per trovare delle soluzioni alternative. Nel dicembre del 2013, ad esempio, vi raccontavamo di un curioso viaggio dello staff di Mario Francese, oggi presidente dell’Airi, proprio in Cambogia. Allora, era lo stesso manager Euricom ad ammettere di osservare «queste economie emergenti, in particolare la Cambogia per eventuali joint venture o investimenti diretti». Ora è la volta di Dario Scotti che all’inizio di febbraio partirà con i manager della Ebro (il socio spagnolo del gruppo Scotti). Interpellato da Risoitaliano.eu, il gruppo Scotti smentisce decisamente che la destinazione sia la Cambogia – il viaggio prevederebbe solo tappe in Sud Corea e Thailandia – ma ammette che non sarà un viaggio di piacere. Il gruppo pavese fa sapere che Scotti visiterà non precisati “impianti industriali” e che avrà colloqui con imprese dell’area. Secondo lui thailandesi e coreane, secondo le nostre fonti anche cambogiane. Al viaggio pare che partecipi anche un dirigente Ferm, la federazione dell’industria risiera europea.
«Solo un viaggio di acculturamento industriale» precisano a Pavia, rigettando le tesi complottiste della base agricola, che considera quest’interesse degli industriali per i grandi produttori asiatici un atto di tradimento nei confronti della filiera. Critica che l’industria respinge, appellandosi alla libertà del mercato e alla necessità di contrastare la concorrenza asiatica sul riso lavorato, dato che l’Unione europea non sembra in grado – o non vuole – fermare le importazioni “duty free” dai Pma. Al di là del rischio reale di una delocalizzazione della produzione risicola si respira un pericoloso clima da liberi tutti. Uno scenario in cui, come afferma Kurtz in Apocalypse Now: «potete uccidermi ma non avete il diritto di giudicarmi». Se questa è la situazione, il convegno degli Stati generali del riso, riprogrammato intorno al 20 febbraio, servirà a fare chiarezza non solo sulle strategie ma anche sulla tenuta interna della filiera risicola. (Nella foto grande, Marlon Brandon nei panni del colonnello Kurtz in Apocalypse Now).
Dr. Nicola Gozzoli
Presidente Insieme per la Terra
Fonte: www.risoitaliano.eu