Stamattina leggiamo sul sito de Il sole 24 ore che lo scandalo del falso olio d’oliva, che sta rischiando di rovinare il mercato oleario italiano, si sta allargando molto tra le nostre provincie:
Ragioni conservative o protezionistiche non ve ne sono in tutto questo discorso, il problema non è discriminare le qualità dei prodotti esteri, che non vogliamo classificare come migliori o peggiori di quelli italiani, il problema invece consiste quando si preparano prodotti con contenuti al 85/90% di provenienza estera, tagliandoli con quelli italiani (per il restante 10/15%) e si applica l’etichetta “Olio italiano”, questo vuol dire truffare il consumatore e danneggiare il nostro prodotto, perchè chi l’acquista pensa di essere di fronte ad un prodotto ma ne ha un altro, senza contare che, magari, cataloga come italiano un prodotto che non ha ritenuto di qualità.
Permettetemi un commento personale, voglio proprio sentire sapore e profumo di questa miscela, sicuramente a confronto con un olio nostrano, beh avrà ben poco di somigliante.
Una inchiesta seria sarebbe molto utile per tutto il settore oleario italiano, come successe a suo tempo per il settore vinicolo, dopo l’inchiesta sul vino al metanolo; in conseguenza della quale i prodotti di basso livello sono “spariti” dal mercato ed è aumentata la fiducia dei consumatori, italiani ed esteri, poiché finalmente si sono sentiti tutelati. Ora, ovviamente, ci sono altri vini di scarsa qualità ma almeno il consumatore sa, che se spende X non può avere vino di qualità Y e viceversa.
L’accusa sarebbe «vendita di prodotti industriali con segni mendaci atti a indurre in inganno il compratore sulla qualità del prodotto» perseguibile con il carcere fino a 2 anni (articolo 517 del Codice Civile) ed il fascicolo è stato trasferito per ambiti territoriali, anche a Genova, Firenze, Spoleto e Velletri, in quanto la provenienza degli oli sarebbe da queste 4 provincie.
Intanto alcuni supermercati si tutelano ritirando i prodotti in esame dagli scaffali «Nei supermarket associati alla Fida (Crai e Sigma) è stato ottenuto il ritiro dei prodotti» come tutela diretta ed indiretta, nei confronti dei propri clienti. Pensate che, se anche la GDO fosse meno inerziale, potrebbe attingere direttamente a prodotti di provenienza locale e dare al proprio cliente, un servizio che sarebbe sicuramente ben visto e accettato. Ad onor del vero, alcune catene già fanno questo, ma secondo noi la quantità di prodotto locale dovrebbe essere alquanto maggiore.
In tutto questo ha fatto capolino con una nota anche la Deoleo (l’azienda spagnola proprietaria dei marchi Carapelli, Bertolli e Sasso e che dallo scorso anno è controllata dal fondo di investimenti Cvc Capital Partners) che ha rassicurato: «Il nostro olio extravergine rispetta i più elevati standard qualitativi e le norme più restrittive in vigore». E ha ribadito anch’essa come «le analisi effettuate sia dalla rivista Test che dai NAS su incarico della Procura di Torino si basano esclusivamente su una prova di assaggio. Un metodo ritenuto soggettivo, non ripetibile e non riproducibile».
Si, certamente il metodo di assaggio non è un metodo scientifico, poiché v’è sempre la componente umana, ma certamente il loro comportamento non è stato limpido… come l’olio, ma hanno fatto un po i furbetti, cercando di far passare per italiano ciò che lo è solo in minima parte.
Speriamo che l’allargarsi dell’inchiesta porti nuovi spunti e crei un precedente sull’argomento che, come sempre, langue in controlli e presenza degli interessati. Il consumatore di suo, si fida di quello che dice l’etichetta che “dovrebbe” essere a sua tutela, ma secondo noi (e speriamo di riuscire a farlo) ci vorrebbe una reale campagna di informazione sul come, in che modo e con quali materie prime vengono poi confezionati i vari prodotti che ci troviamo sullo scaffale.
Mauro Cappuccio
Segretario Generale
Insieme per la Terra